Lonigo 31/01/2024
Buona parte dei mezzi d’informazione è evidentemente asservita alla narrazione della sinistra, così come è assodato il fatto che l’opinione pubblica in Italia sia tutt’oggi ostaggio dei vaneggiamenti imposti dall’egemonia culturale con echi da Soccorso Rosso.
Siamo avversi ad un certo livore forcaiolo, non auspichiamo misure carcerarie coercitive per nessuno e non proviamo appagamento alcuno nel vedere chicchessia alla sbarra da imputato incatenato mani e piedi, soprattutto se in assenza di prova certa di colpevolezza, tuttavia le immagini di Ilaria Salis ci faranno dormire comunque sonni tranquilli, ci sciocca molto di più il silenzio tombale generalizzato dinnanzi alle immagini dell’infame e vigliacca aggressione di cui è accusata.
Chi si dichiara nemico di un sistema, chi aggredisce fisicamente degli avversari paventando che “uccidere un fascista non è reato”, alle spalle, in forza di un numero maggiore e armati di martelli, dovrebbe essere pronto quantomeno ad assumersi le conseguenze della propria condotta se non con stoicismo, quantomeno con dignitoso silenzio, data l’abituale mancanza di coraggio nell’affrontare il nemico in maniera se non cavalleresca, almeno frontale.
Ma sappiamo benissimo che l’onore e la tenuta virile e decorosa non sono di casa per gli antifascisti autoproclamatisi antagonisti, di cui la stessa Salis è esponente. Quindi tutta la canea, con l’immancabile sostegno incondizionato e faziosissimo delle più svariate appendici del mainstream, si straccia le vesti frignando fastidiosamente.
Fermo restando che la colpevolezza della Salis sia tutta da provare riguardo l’attacco a suon di manganellate da parte di un gruppo composto da nove persone ai danni di una persona, ma da provare resta anche la sua innocenza.
Ci sono un paio di fattori che stridono particolarmente in questo racconto: il primo è che se la prognosi per il ragazzo aggredito è di soli 7 giorni, in effetti la condanna richiesta dall’accusa sembrerebbe esagerata anche considerando le aggravanti; il secondo punto è che se in 8/9 aggressori armati di martelli e manganelli estensibili di ferro riescono a cagionare una prognosi di soli sette giorni, forse è il caso che lascino stare l’antifascismo militante e si dedichino alla floricoltura.
Quello che ci lascia realmente esterrefatti è che nessuno abbia proferito parola sulla cruenta aggressione subita da quel povero tabaccaio, che a quanto pare in tempi di democrazia imperante, si era reso responsabile solamente di vestire bomber e pantaloni mimetici: ribadiamo a quanto pare, perché escludiamo che gli aggressori abbiano avuto prima una disquisizione politica con la loro vittima, quindi è un tentato omicidio aggravato dal concorso in più persone e con l’uso di armi non convenzionali, avvenuto sulla base di alcune supposizioni.
Tutto questo comunque avvenuto in un contesto in cui, con l’asticella delle aggressioni già alzata, sarebbe la terza aggressione sui generis con modus operandi in comune in poco meno di un anno.
Ci viene da ridere nel pensare che la nostra Associazione abbia subìto processi decennali sulla base di presunti atti di violenza mai dimostrati e che tutt’ora la macchina della disinformazione pubblica si attivi e si stracci le vesti dinnanzi a qualsiasi organizzazione di destra radicale, millantando azioni di violenza inaudita che pedissequamente non trovano attinenza alcuna nella realtà; qui esiste un video, chiaro e lampante in cui un povero cristo viene aggredito alle spalle da un’orda di vigliacchi, ma nessuno si scandalizza né se ne turba: ci si scandalizza per il nulla cosmico senza nessuna riprova, si tace dinnanzi all’evidenza… Questa è l’ipocrisia di madama democrazia!
D’altronde il cortocircuito della faziosità può, volendo, essere facilmente verificato semplicemente confrontando i resoconti dell’avvenuto con quelli non esattamente analoghi della stampa ungherese e tedesca.
In giro per il mondo ci sono italiani detenuti in carceri ben peggiori e per crimini minori rispetto al tentato omicidio aggravato, per cui non capiamo se tutto questo clamore per la vicenda sia dovuto solamente alla vicinanza ideologica dell’imputata con un certo mainstream televisivo e giornalaio, oppure se la si stia utilizzando come grimaldello per scardinare il governo di un paese sovrano democraticamente eletto;
dove la responsabilità sia al massimo da imputare, qualora vi fosse, alla magistratura ungherese piuttosto che a Viktor Orbán, con buona pace dei suoi detrattori.
Infine, vorremmo portare l’attenzione su come, con una certa continuità di comportamento, questi nobili cavalieri dell’ignominia portino avanti la tradizione mai sopita degli agguati alle spalle, forse colpire posteriormente con i martelli fa rima con spararci alle spalle perché di venir davanti hanno paura? Arduam posteris sententiam, sed in tempore malo…
Il portavoce
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