Lonigo, 29 Luglio 2024
La cerimonia inaugurale delle Olimpiadi di Parigi è la rappresentazione plastica di come certi eventi di caratura internazionale siano un’operazione di indottrinamento delle masse, volta ad attuare una riformattazione dei costumi, se non antropologica, delle cosiddette società occidentali.
Malgrado il dietro front di chi lancia il sasso per poi nascondere la mano con l’incalzare delle polemiche, alludendo a margine delle scuse ufficiali che la disposizione attorno a un tavolo di transessuali agghindati ad arte per l’occasione, manco le Olimpiadi siano il Carnevale di Rio de Janeiro, non sia una caricatura blasfema dell’Ultima Cena rappresentata dal Da Vinci, ma secondo la direttrice della comunicazione delle Olimpiadi Anne Descamps e Thomas Jolly, il direttore artistico (se così possiamo definirlo) della cerimonia, si voleva invece educare alla tolleranza e alla comunione.
Le Olimpiadi quali giochi che si svolgevano in Grecia iniziavano con celebrazioni religiose in favore di Zeus e si concludevano con la premiazione degli atleti vincitori, vennero riprese in epoca moderna a fine ‘800, ma sempre hanno conservato un universo estetico e simbolico arcaico proprio di quella civiltà ellenica che ha permeato l’Europa: dalla fiamma olimpica alla traslazione in altre nazioni a testimoniarne l’universalità.
E con la competizione insita nella natura dell’essere umano di confrontarsi con avversari al proprio pari, si veicolava un’immagine di sé salubre, forte ed atletica. E quindi indiscutibilmente bella. Perché nonostante le infezioni culturali contemporanee che propinano un relativismo tout court, esiste un canone oggettivo della bellezza, che la classicità ci suggerisce da tempi immemori che è rappresentato dall’armonia delle forme e da un ordine che è sintesi dell’unità che domina la diversità.
Bellezza, ordine, sostanza e FORMA. Ciò che abbiamo interpretato e riprodotto in tutti gli ambiti e in ogni epoca. Fino ad oggi. Perché noi siamo europei e proveniamo da una Civiltà.
Di contro, ciò che più di ogni altra cosa mina l’esistenza di una civiltà è l’informe. Perché l’assenza di Forma genera una sostanza malata. E là dove la sostanza è malata, la bellezza non può trovare posto e si finisce inesorabilmente per imbruttirsi. Prima nel singolo, poi nella moltitudine e infine nella società. E quindi si avvia il declino di una civiltà in decadenza.
E quando una società è decadente si può arrivare ad assistere all’esibizione della cerimonia inaugurale delle Olimpiadi con un personaggio come Barbara Butch investita dal ruolo di frontman.
Conferitole recentemente il premio di personalità LGBT dell’anno per via della moltitudine di battaglie coraggiosissime a difesa delle minoranze arcobaleno condotte temerariamente al fianco di pressoché tutte le multinazionali, dei magnati della finanza e del mainstream globale. Allora comprendiamo perfettamente che il concetto di Forma quale riflesso di bellezza e di un ordine superiore suggeritoci dalla classicità dei greci, quegli europei che hanno dato vita alle Olimpiadi nel 776 a.C., difficilmente possa attecchire su chi come Barbara Butch conduce audacemente crociate in difesa de “l’accettazione dei grassi”.
Perché l’immagine della cerimonia inaugurale in salsa woke è la più fulgida rappresentazione di come sia ripugnante l’esaltazione delle devianze promosse da chi essendo informe per natura, ha in spregio tutto ciò che essendo bello e giusto secondo natura, costituisce saldezza e ancoraggio: la famiglia e la Nazione, la Cultura e l’identità.
L’agenda cosmopolita della società aperta in fase di consolidamento mira alla distruzione di questi cardini e opera attraverso il condizionamento sociale di una propaganda che si fa sempre più spinta e pervasiva.
Nell’industria dell’intrattenimento, quella cinematografica, musicale o sportiva come in questo caso, ormai è prassi ordinaria rendere espliciti aspetti occulti di un certo misticismo sinistro: dall’ostentazione di modelli devianti per giungere all’esposizione di immagini sempre più spesso esplicitamente sataniste.
Ci chiediamo se eventi come Eurovision, Berlin Fashion Show e Super Bowl ad esempio attraverso performance altamente simboliche, non siano rivelatrici di un retroterra “esclusivo” che rappresenta egregiamente Sodoma e Gomorra: costumi BDSM, ballerini vestiti da donna in perizoma, cantanti che si esibiscono nudi, sesso omosessuale di gruppo praticato in un bagno sporco, croci rovesciate, streghe e demoni che si accoppiano al centro di un pentagramma, adulti che posano davanti alle cineprese con genitali esposti in presenza di bambini.
Vorremmo esimerci anche solo dal pronunciare certe oscenità per via della natura scabrosa di certi contenuti, se non fosse che vengono trasmesse in mondovisione sintonizzando centinaia di milioni di ascoltatori, sdoganando e normalizzando un passo alla volta le più infime degenerazioni dell’uomo mascherate da creatività, arte e inclusività.
Una poderosa macchina di propaganda mondiale che aspira a cancellare le identità nazionali e sovvertendo le religioni, i costumi e le tradizioni dei popoli, mira a scalzare ciò a cui siamo profondamente legati con lo squallore di una “cultura” globale indifferenziata che si esibisce in tutta la sua ripugnanza.
Ferocemente
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