Lonigo, 21 Maggio 2020
Un giovane di 19 anni è morto.
E’ morto probabilmente perché di fronte ad un sopruso non si è voltato dall’ altra parte.
Tommie Lindh, brutalmente assassinato nella sua natia Svezia l’undici Maggio scorso, non è morto tra l’indignazione popolare, tra le tragedie buoniste, tra gli stucchevoli riflettori delle teletragedie.
No, lui è morto quasi passando in sordina, circondato da un silenzio che sa di censura.
Assassinato mentre ad una normale festa ha pensato che fosse giusto difendere una ragazzina dalla violenza di un branco di personaggi che emergono da un tessuto sociale svedese ormai compromesso da anni di politiche ultraprogressiste.
Tommie è morto in quella Svezia che forse non sentiva più sua, un laboratorio, un campo di prova del mondo che si prepara, dove ormai i conflitti sociali sono talmente esasperati che persino il tappo del silenzio mediatico sta per saltare.
Tralasciando i terribili dati che ci fanno da testimone in questa deriva del paese scandinavo, quello che conta è che per un momento, forse, il cuore della Svezia ha battuto ancora, in quel giovane che di fronte ad una delle tante scene, ormai divenute orribile quotidianità’, non si e’ voltato dall’ altra parte e ha fatto, forse d’impeto, forse di slancio, sicuramente con coraggio, quello che riteneva più giusto.
Ed ha pagato con la vita.
Questa morte non deve passare sotto silenzio, non servono telecamere, luci e riflettori.
Perché è li, lontano dal clamore, che risiedono gli eroi.
Tommie presente.
Scomodamente
Il portavoce
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