Lonigo, 20/08/2019
Qualche giorno fa , riprendendo alcune citazioni più datate (le prime tracce di tale notizia risalgono alla primavera scorsa), l’edizione italiana dell’ Huffington Post funge da megafono per una sedicente ricerca “scientifica” che afferma testualmente “di poter praticare la stimolazione cerebrale non invasiva contro pregiudizi e stereotipi sociali”.
Bene, occorre fermarsi un attimo a riflettere su cosa significhi tale affermazione.
Si parla di una procedura “medica” in grado di aumentare la coesistenza di diversi gruppi socioculturali, praticamente una bella pillola per l’integrazione.
Sia chiaro, di pillola non si tratta, ma di “piccole correnti elettriche o magnetiche per modulare il meccanismo con cui il cervello regola il nostro comportamento” leggasi elettroshock.
Sperando, in primis, che questa follia sia una boutade di qualche pseudo-ricercatore in cerca di facile visibilità, ci chiediamo anche come sia proprio possibile concepire e “finanziare” tali tipi di ricerca all’ interno, sempre secondo l’articolo, di un’istituzione come l’Istituto Italiano di Tecnologia che, in altri campi, ha sempre fatto registrare eccellenze nazionali ed internazionali.
Una ricerca su metodi di coercizione per l’allineamento, nemmeno più ad un pensiero unico, ma proprio ad un comportamento unico.
Tralasciando volutamente alcuni concetti etici che non trovano spazio nel mondo moderno, tipo libero arbitrio piuttosto che senso di appartenenza (e ne avremmo da scrivere un libro), sappiamo che per gli esponenti dell’integrazione ad ogni costo, tra cui la fonte della notizia che citiamo, questa cosa sarebbe la panacea di tutti i mali del mondo.
Tuttavia ci auguriamo che questi “scienziati” dalle tinte Kubrickiane in salsa Anthony Burgess nel corso del loro trattamento non rendano intollerabile ai propri “pazienti” (o forse prigionieri??) anche la musica del buon vecchio Ludovico Van.
Scomodamente
Il portavoce
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